Ricordando Paolo Rosa
Parafrasando il titolo dell’ultimo suo libro una vita dedicata all’arte dentro e fuori di se mi dispongo in silenzio, davanti ad uno spazio bianco a dare l’ultimo saluto ad un amico, geniale interprete e protagonista poliedrico, dell’ Arte con la A maiuscola.
In una notte stellata di agosto, a Corfù, Paolo Rosa ci ha lasciato, lui che ha avuto la forza e il coraggio di avere un chiodo fisso, “l’Arte”, su cui attaccare il cuore, per appenderlo senza riserve nella sua vita. Mi piace pensarlo sulla scala dell’infinito affacciarsi alle finestre del cielo, in questa sua ultima installazione che ripercorre in un flash back le sue esperienze interattive, in un’ ennesimo rapporto confidenziale … “La luce scrive il vuoto” , “la terra genera l’aria”, “il vento porta i profumi”, “l’acqua si ferma nel sale”.
La sua vita si è fermata, resta vivo l’enorme patrimonio ereditario che ci lascia, fatto di sensibilità culturale e capacità innovativa.
Artista, regista di cinema e teatro, insegnante all’Accademia di Brera e fondatore del gruppo Studio Azzurro, Paolo è stato un punto di riferimento per molte generazioni di artisti, e nello stesso tempo una forza trainante.
Quella sua espressione “pensare con le mani” unita all’impollinazione dei linguaggi, tra tradizione, sperimentazione e multimedialità, ha rappresentato e rappresenta un lascito creativo fondamentale al fine di dare nuova linfa alle pratiche realizzative dell’Arte e alla formazione della cultura.
Mi ricollego immaginariamente alle parole di quella mattina del 3 Maggio 2011, all’Accademia di Belle Arti di Roma, quando con la sua consueta disponibilità, umiltà e generosità, ci ha riservato un po’ del suo tempo in quell’ incontro ricco di spunti di riflessione e di arricchimento culturale.
… abbiamo bisogno del talento e dell’immaginazione di ciascuno per poter disegnare il futuro, nostro e delle prossime generazioni. è essenziale recuperare una grande generosità diffusa, capace di associarsi e mettersi in rete condividendo sapienze ed esperienze, saperi e sapori che ridiano il giusto sale alla nostra vita relazionale, tramite un rito partecipativo d’interconnessione consapevole delle intelligenze e delle sensibilità. E aggiungerei, la capacità di rimettere in discussione il proprio cammino e il proprio operato, vincendo quella resistenza autoreferenziale e in molte situazioni ripensandosi radicalmente.
Ti lascio caro Paolo come ci siamo lasciati quella volta, con la citazione di Albert Camus posta all’inizio del tuo libro l’ Arte fuori di sé:
“Seppure involontariamente noi artisti siamo impegnanti. Non è la lotta a renderci artisti, ma è l’arte che ci costringe a essere combattenti. Per la sua stessa funzione l’artista è il testimone della libertà e questa è una motivazione che si ritrova a pagare cara. Per la sua stessa funzione egli è impegnato nelle profondità più inestricabili della storia, la dove soffoca la carne stessa dell’uomo.”
Un abbraccio
Enrico Pusceddu